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Storia della subacquea: l’evoluzione delle camere di decompressione

29/10/2021

Non c’è dubbio che le prime camere di decompressione sono apparse nell’uso corrente per il trattamento delle embolie di palombari e cassonisti che pur se con metodi e scopi diversi, lavoravano nelle stesse condizioni disagiate e respiravano aria compressa.

Questo fatto induce tutta una serie di fenomeni fisiologici causando quella che una volta si chiamava malattia dei cassonisti, embolia, M.D.D. la cui unica terapia è la ricompressione.

Come abbiamo visto nell’articolo precedente, all’origine, e cioè verso la metà del 1800, le camere iperbariche impiegate nella medicina classica per curare problemi respiratori, erano realizzate come vere e proprie stanze con tanto di poltrone, tendaggi etc., le pressioni in gioco erano molto basse.

Nel campo lavorativo invece le camere venivano usate per decomprimere i cassonisti che avevano sostenuto un turno lavorativo in profondità; queste inizialmente erano dei locali in cui i soggetti entravano, si sedevano su panche di legno o di ferro e quindi venivano decompressi.

Naturalmente quelli che li sostituivano facevano la manovra inversa, entravano, venivano pressurizzati e quindi andavano a lavorare sul fondo di fiumi e laghi per costruire opere di sostentamento strutturale di ponti o banchine portuali.

Le decompressioni sia dei cassonisti che dei palombari venivano eseguite ad aria secondo le tabelle di Haldane.

Le camere di decompressione cominciano a diffondersi nel mondo in seguito allo sviluppo sia civile che militare. Le primitive strutture vengono di anno in anno migliorate ed aggiornate.

Le camere erano dotate di una o due garitte di accesso, di passaoggetti, di oblò e di sedili in lamiera e permettevano ai soggetti di stare seduti; era previsto un sistema di erogazione di ossigeno tramite boccaglio a flusso continuo regolato da un quadro di distribuzione esterno.

Nelle camere era presente anche un sistema di illuminazione interno ed anche di comunicazione telefonica; valvole e manometri erano presenti sia sul quadro di manovra esterno che all’interno di ogni locale in modo che le manovre di compressione e/o decompressione potessero essere effettuate anche dall’interno.

Dopo la seconda guerra mondiale, l’attività dei palombari subisce un incremento fortissimo sia per l’attività di bonifica dei porti che per il recupero delle navi affondate; conseguentemente anche l’incidenza dei casi di embolia dei palombari e dei primi subacquei aumentò.

Persino l’I.N.A.I.L.  (Istituto Nazionale delle Assicurazioni sugli Infortuni del Lavoro) comincia a dotare i suoi centri di assistenza dapprima con camere monoposto, poi con centri mobili e fissi di camere di decompressione.

Dal 1960 al 1970 si diffondono vari tipi di camere iperbariche e prende il via la grande avventura dell’OFF-SHORE nel mare del nord che porterà ad uno sviluppo incredibile della tecnologia subacquea sia dal punto di vista fisiologico che da quello tecnico. È necessario lavorare normalmente a 200 m sul fondo del mare con continuità per perforare, intestare e convogliare il petrolio verso quelle nazioni che si affacciano su questo immenso giacimento di oro nero.

Ed infatti è proprio la grande disponibilità finanziaria delle compagnie petrolifere che agevola questa crescita di tecnologia fino al suo culmine nel finire degli anni ’70.

Fonte dati gentilmente concessa dalla HDS Italia Notizie


Stefano Agnini

Staff tecnico camere iperbariche


 

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