Spesso mi chiedono se OTI può essere utile nei pazienti che devono essere sottoposti a intervento di
rivascolarizzazione degli atri inferiori e, in caso affermativo, se sia meglio fare OTI prima o dopo l’intervento. Sono domande pertinenti e la risposta è che non solo OTI può essere utile a questi pazienti, ma assume un ruolo differente in relazione alla fase pre chirurgica o post chirurgica.
Vediamo di introdurre l’argomento
L’ arteriopatia obliterante periferica (AOP) ovvero l’aterosclerosi delle arterie degli arti inferiori è la condizione che può portare alla necessità di rivascolarizzazione. AOP è una condizione fortemente favorita dal diabete, dalla abitudine al fumo di sigaretta, dall’aumento del colesterolo nel sangue, dalla necessita di dialisi per insufficienza renale e dalle malattie reumatiche. Quando l’AOP diventa sintomatica, il paziente
avverte, inizialmente, affaticamento e indurimento dei muscoli della gamba quando cammina, per arrivare a patire un forte dolore (claudicatio) già dopo pochi passi, segno evidente che il circolo arterioso residuo non è in grado di fornire un apporto di sangue sufficiente al muscolo durante il cammino. In fasi ancora più
avanzate, il Paziente può andare incontro ad una condizione detta di ischemia critica, nella quale il dolore diviene spontaneo, soprattutto durante la notte, costringendolo a dormire in poltrona con i piedi in basso; in questa fase, possono comparire ulcere, assai dolenti, alle dita.
L’AOP si cura con farmaci ipocolesterolemizzanti, anti aggreganti e vasodilatatori e nei casi più avanzati, in
presenza di claudicatio per brevi tragitti, dolore a riposo o di ulcere cutanee, diventa necessario l’ intervento
chirurgico di rivascolarizzazione. Di grande importanza per la cura della AOP è la deambulazione: ogni qualvolta sia possibile, il paziente dovrà camminare perché, così facendo, darà massimo impulso alla formazione dei circoli capillari collaterali, indispensabili a sostenete la vascolarizzazione periferica. Quando le terapie non sono efficaci per la condizione troppo avanzata o perché attuate tardivamente, il paziente con APO grave rischia l’amputazione maggiore.
L’ossigenoterapia iperbarica
OTI aumenta fortemente la capacità del sangue di trasportare ossigeno ai tessuti e nei pazienti con AOP riesce a migliore
l’ossigenazione delle gambe e dei piedi, favorendo la riparazione dei tessuti danneggiati. In questi pazienti è di particolare importanza
la capacità di OTI di favorire la formazione di nuovi vasi capillari,
formando quei circoli collaterali necessari a raggiungere le aree divenute ischemiche a causa della AOP. OTI ha dimostrato di ridurre l’incidenza di amputazioni maggiori in pazienti diabetici con AOP grave e ulcere periferiche.
Efficacia di OTI nei pazienti con AOP
L’indicazione a sottoporre a OTI un paziente affetto da grave AOP è subordinato all’accertamento della
reale entità dell’ossigenazione periferica raggiungibile durante la seduta in camera iperbarica. Infatti, in presenza di un circolo ematico troppo compromesso, il sangue, benché arricchito di ossigeno, potrebbe non arrivare alla periferia in quantità sufficiente a sostenere la riparazione dei tessuti danneggiati e a favorire la
formazione di un circolo collaterale efficace. In questi pazienti è, quindi, indispensabile eseguire l’ossimetria transcutanea in condizioni basali (respirazione di aria a pressione ambiente) e durante OTI (respirazione di O2 100% a 2,2 ATA). L’ossimetria trans cutanea è la misurazione della tensione di ossigeno presente a
livello della cute, mediante l’applicazione di un elettrodo adesivo a livello dell’estremità colpita. Se i bassi valori di ossigeno cutaneo, misurati in condizioni basali, aumentano a sufficienza durante OTI, si potrà essere certi che la terapia iperbarica ha potenzialità terapeutica in quel paziente.
Indicazioni all’impiego di OTI nei pazienti con AOP
In un contesto clinico/terapeutico ottimale, il paziente con ischemia critica avrebbe la massima utilità da OTI immediatamente dopo l’intervento chirurgico di rivascolarizzazione, per correggere l’eventuale ischemia residua e favorire la guarigione delle ulcere cutanee, spesso presenti. Capita, però che l’attesa per
essere sottoposti ad intervento di rivascolarizzazione richieda un tempo non trascurabile. Durante l’attesa, se il paziente è sintomatico, può trarre giovamento da OTI che, pur non risolvendo le gravi ostruzioni dovute alla AOP potrà favorire la formazione di un circolo collaterale efficace, evitando l’aggravamento
della sintomatologia. Infine, OTI può essere di grande aiuto alle persone che avrebbero indicazione all’intervento di rivascolarizzazione che, però, non può essere effettuato o presenta rischi aumentati, per la presenza di condizioni cliniche che lo controindicano; fra queste, si annoverano condizioni spesso presenti
quali, l’età molto avanzata, l’insufficienza renale grave e la presenza di gangrena umida e osteomielite del piede.
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