Le infezioni dei tessuti molli, anche a partenza da banali soluzioni di continuo, in alcuni casi possono avere evoluzione clinica drammatica e repentina; queste entità nosologiche, definite come infezioni necrosanti progressive, sono rappresentate principalmente da fasciti necrotizzanti o gangrene di Fournier,(quando è colpito il perineo e gli organi genitali), e sono condizioni patologiche di estrema gravità con una mortalità ospedaliera riportata che si aggira attorno al 29%.1
L’approccio clinico a queste temibili condizioni patologiche di norma prevede in emergenza la bonifica chirurgica dei tessuti colpiti, antibioticoterapia ad ampio spettro e una gestione in terapia intensiva dei parametri vitali.
I meccanismi fisiopatologici ritenuti responsabili di questa drammatica, ma per fortuna rara, evoluzione clinica sembrano essere determinati da una reazione infiammatoria sistemica e massiccia alle tossine liberate dai batteri responsabili dell’iniziale infezione.2
L’ ossigeno terapia iperbarica, già in uso di routine nel complesso percorso terapeutico di questa patologia, ha mostrato in una recente revisione sistematica della letteratura e metanalisi, quando affiancata alle altre terapie, di ridurre il rischio di decesso e di interventi demolitivi maggiori. Infatti nell’analisi di confronto di 48,744 pazienti con questa patologia trattati con OTI rispetto a 47,507 pazienti che non hanno effettuato sedute di OTI si è rilevata un rapporto di probabilità di morte (odd ratio, OR) del (0.44 (95% CI 0.33-0.58) in favore del gruppo trattato con OTI. Anche il rischio di amputazione maggiore ha mostrato un OR di 0.60 (95% CI 0.28-1.28) in favore del gruppo OTI.
Ad ulteriore conferma una recente pubblicazione scientifica di tipo retrospettivo , quindi le cui evidenze non possono essere considerate di alto livello, ha comunque riportato come in 129 pazienti affetti da questa patologia trattati con OTI vi sia un miglioramento della prognosi soprattutto nei pazienti con presentazione clinica peggiore.
Fra i meccanismi fisiologici ritenuti responsabili dell’efficacia di OTI in questi quadri clinici vi sono: l’azione batteriostatica e battericida diretta dell’ossigeno, l’ aumentata ossigenazione dei tessuti mortificati dai processi flogistico/infettivi, la modulazione della risposta immunitaria ed infiammatoria dell’organismo stesso, il potenziamento dell’azione di diverse classi di antibiotici e, attraverso la mobilizzazione delle cellule staminale e il supporto tramite la neoangiogenesi alla microcircolazione, uno aiuto ai processi di guarigione.
Ancora non vi è completa chiarezza sulla frequenza e dosaggio di OTI, per quanto, ove le condizioni lo permettano, di norma vengono somministrate 2 sedute giornaliere nei primi tre giorni dall’iniziale approccio chirurgico con dosaggi massimi di ossigeno al 100% alle maggiori pressioni di esercizio consentite (2.8 atmosfere assolute ATA) e poi prosecuzione con una seduta giornaliera fino a 30 sedute.
Fonti di riferimento:
- National Library of Medicine, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8590823/
- Hysong AA, Posey SL, Blum DM, et al. Necrotizing fasciitis: pillaging the acute phase response. J Bone Joint Surg Am. 2020;102(6):526–37
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