L’apnea, come si può immaginare, è la prima forma di immersione praticata dall’uomo e risale a molti secoli fa, quando i primi apneisti si immergevano principalmente per la pesca e per la raccolta di conchiglie.
Questa disciplina comporta, anche per l’uomo, l’insorgenza di specifici rilessi fisiologici, presenti anche nei mammiferi marini, animali che vivono nuotando in apnea nelle profondità marine.
Il “divig reflex” – cioè il riflesso di immersione: un riflesso attivato dall’immersione del viso che causa rallentamento della frequenza cardiaca e l’istaurarsi, in automatico, di un’apnea inspiratoria, è già presente nel neonato e si mantiene anche nell’età adulta.
L’uomo, però, a differenza dei mammiferi marini, si è adattato a vivere in ambiente aereo, quindi la pratica dell’immersione in apnea lo induce a riattivare quei particolari adattamenti fisiologici che consentono ai mammiferi marini passare la maggior parte della loro vita sott’acqua, senza respirare, in condizione di perfetto benessere.
Per praticare l’apnea dovremo imparare a nuotare sott’acqua in modo efficace ed armonioso, per conferire al gesto il minimo dispendio energetico, dovremo governare le nostre emozioni per evitare che anche il pensiero ci faccia sprecare ossigeno prezioso; poi, una volta acquisite queste capacità, dovremo allenarci per migliorare la forma fisica e stimolare gli adattamenti fisiologici all’immersione in apnea.
Ma, cosa accade durante un’apnea?
A una prima fase di benessere – “easy phase” -, segue una fase di sofferenza – “Struggle phase”- .
La maggior parte di noi praticano l’apnea nella fase di benessere e la interrompono non appena il desiderio di respirare si fa sentire. Gli atleti apneisti, che fanno gare d’apnea, lavorano, invece, nella fase di sofferenza, per raggiungere dei risultati sportivi di altissimo livello.
Allenarsi e praticare l’apnea in easy phase è una pratica salutare e benefica, che allena il respiro e induce tranquillità e benessere.
Quando ci si spinge nella struggle phase, invece, si attiva una fase di stress, inducendo l’organismo a difendersi dall’ipossia e dall’ipercapnia (aumento dell’anidride carbonica) con notevole impegno cardio circolatorio, respiratorio e neurologico.
Bisogna, poi considerare i problemi connessi alla discesa in profondità, dove il volume dell’aria contenuto nel nostro organismo si riduce, imponendoci di compensare le cavità anatomiche, per impedire che implodano per effetto della pressione.
L’apnea è, quindi, uno sport che necessita di conoscenza, tecnica, allenamento e grande attenzione e per praticarla in sicurezza non si devono ignorare alcuni suggerimenti:
1. Mai soli! L’apnea non si pratica mai da soli, ma sempre sotto la sorveglianza di un compagno esperto almeno quanto noi.
2. Non improvvisare. Per iniziare è importante seguire un corso qualificato che ci accompagni in tutte le fasi dell’allenamento.
3. Procedere per gradi. I miglioramenti vanno ricercati e conquistati sotto la guida esperta di un istruttore di apnea.
4. Goditi il benessere. Praticare l’apnea nella fase di benessere porta grandi benefici al all’organismo.
5. Mai soli! In compagnia è più divertente e più sicuro.
Infine, ricordiamo che il medico iperbarico può essere d’aiuto agli apneisti per valutare lo stato di salute in relazione all’apnea e intervenire in caso di patologie croniche o intercorrenti. Non ricorrete al medico iperbarico solo per risolvere le difficoltà di compensazione, o per gestire la patologia barotraumatica. Utilizzatelo anche per la prevenzione.
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