Le fasciti necrotizzanti sono temibili infezioni batteriche dei tessuti molli rapidamente progressive spesso dovute a sovrainfezioni di soluzioni di continuo.
La maggior parte delle persone affette da queste infezioni al momento della diagnosi sono in un quadro clinico di sepsi (reazione massiccia del sistema immunitario alla disseminazione sistemica dei batteri responsabili) che coinvolge tutto l’organismo ed è associato a sofferenza d’organo.
Questa situazione nel 30-50% può evolvere ad una condizione patologica ancora più drammatica: lo shock settico con caduta della pressione sanguigna e ulteriore peggioramento della disfunzione degli organi interni.
La severità di questa patologia può portare a tassi di amputazione fino al 22% dei casi ed una mortalità a 90 giorni del 18%.
L’utilizzo coadiuvante dell’OTI in regime di urgenza/emergenza è previsto nei percorsi terapeutici approvati dal Sistema Sanitario Nazionale dei pazienti affetti. Di norma il paziente riceve nell’immediato una valutazione chirurgica ed infettivologia e inizia contestualmente il percorso OTI che prevede nei primi giorni anche due sedute giornaliere data da gravità della patologia.
Il razionale OTI è determinato dalle azioni battericide e batteriostatiche dirette ed indirette (diverse classi di antibiotici mostrano miglioramento dell’efficacia se associati ad OTI), miglioramento del quadro ipossico e del trofismo dei tessuti sofferenti e mortificati e riduzione del quadro flogistico/edemigeno.
Più di cento lavori scientifici hanno indagato e confermano il valore di OTI nel trattamento di questi pazienti e molti di questi indagano i meccanismi fisiopatologici e le variazioni ematochimiche modificate positivamente da OTI per ricercare quali indici abbiano previsioni significative.
Approfondisci leggendo i lavori scientifici PubMed sul valore dell’OTI nel trattamento delle fasciti necrotizzanti
Un interessante lavoro recentemente pubblicato mostra come OTI, associata alle altre terapie, riduce attraverso un’azione immunomodulante dei fattori plasmatici il Fattore di crescita granulocitario (G-CSF) e l’interleukina 6 (IL-6) che sono indicatori di severità del quadro clinico.
In uno studio osservazionale che indagava l’effetto di OTI nel trattamento di pazienti affetti da fasciti necrotizzanti in condizioni di shock settico non sono stati evidenziati interessanti riscontri: il trattamento OTI è associato con un aumento immediato della mieloperossidasi (MPO) che è un marcatore di stress ossidativo e la superossido dismutasi (SOD) che è un sistema antiossidante quindi generando un’immunomodulazione. Questa osservazione non si è rilevata nel gruppo dei pazienti con shock settico dove i valori di MPO e SOD erano elevati e non subivano modificazioni immediate, ma solo una grande riduzione nei giorni successivi.
Nel sottogruppo di pazienti con shock settico si è osservato un incremento dell’Eme Ossigenasi-1 (HO-1), fattore fondamentale nel controllo delle infezioni batteriche (dove questo valore sia basso aumenta il rischio di mortalità).
Quanto rilevato è stato interpretato dagli autori come una differente azione di OTI in base al quadro clinico, che risulterebbe più pronunciata nei quadri più gravi:
- Nei pazienti non in stato di shock settico OTI sembrerebbe potenziare le capacità ossidanti (quindi capacità antibatteriche) e aumentare la capacità di controllo antiossidante.
- Nei pazienti in shock settico, ove lo stress ossidativo è già elevatissimo, OTI promuoverebbe HO-1 potenziando l’azione di controllo.
Dott. Luigi Santarella
Laurea in Medicina e Chirurgia Università di Bologna,
Master di II° livello in Medicina Subacquea e Iperbarica
Ordine Dei Medici di Ravenna N° 3151
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