Per barotrauma si intende la sofferenza di organi o tessuti dovuta alla mancata o ritardata compensazione di una cavità anatomica, in occasione di una variazione della pressione ambientale.
È, quindi, evidente che quando il subacqueo in immersione non esegue con sufficiente tempestività una manovra di compensazione corretta ed efficace incorre in un barotrauma auricolare. Poiché un barotrauma danneggia i tessuti che si trovano nelle immediate vicinanze di una cavità aerea, per capire quali sintomi genera e quali pericoli nasconde, occorre avere idee sufficientemente chiare di come è fatto l’orecchio e di come funziona. Vediamolo insieme.
Anatomia e fisiologia dell’orecchio, ovvero come è fatto l’orecchio e come funziona
L’orecchio è un complesso sistema organico che funziona da trasduttore meccano elettrico cioè trasforma un impulso meccanico, l’onda sonora, in attività bioelettrica che, attraverso il nervo acustico, raggiunge il cervello per essere decodificata come suono. Per fare ciò, sembra logico pensare che l’orecchio debba avere una parte meccanica e una parte elettrica, o per meglio dire neurologica e di fatto è proprio così. La parte meccanica è formata dall’orecchio esterno e dall’orecchio medio, mentre la parte neurologica è l’orecchio interno – guardate la figura per avere le idee più chiare.
Dalle figure è facile capire che la cavità dell’orecchio medio è al centro del nostro orecchio e che tutto ciò che la circonda può essere danneggiato da una variazione di pressione ambientale non compensata.
Al fine della salvaguardia dell’integrità fisica del subacqueo è importante ricordare che i danni alla parte meccanica dell’orecchio sono, nella stragrande maggioranza dei casi, reversibili mentre quelli alla parte neurologica potrebbero causare lesioni permanenti.
Ma andiamo per ordine e vediamo come è fatto l’orecchio.
L’orecchio esterno è formato dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo esterno (CUE) che termina con la membrana timpanica (o timpano che dir si voglia) una sottile membrana che divide senza soluzione di continuità il CUE dalla cavità dell’orecchio medio, detta anche cassa del timpano.
La cassa del timpano è una cavità aerea che ha alcune particolarità che devono essere ricordate per capire la dinamica e gli effetti dei barotraumi auricolari:
- la sua parete esterna è il timpano;
- è in contatto con le vie aeree superiori solo attraverso la tuba uditiva di Eustachio, che rappresenta l’unica via di ventilazione della cassa del timpano;
- la sua parete interna (o mediale) la separa dall’orecchio interno ed è dotata di due aperture dette finestra ovale e finestra rotonda;
- contiene tre ossicini: martello, incudine e staffa, fra loro articolati e che connettono il timpano dove appoggia il manico del martello, con la finestra ovale che è di fatto obliterata da una parte della staffa, detta platina.
Medialmente alla cassa del timpano c’è l’orecchio interno, la parte neurologica dell’orecchio.
L’orecchio Interno è una struttura membranosa che galleggia in un liquido detto perilinfa e a sua volta, contiene un liquido detto endolinfa ed è contenuta in una speculare struttura ossea.
L’orecchio interno è formato dalla coclea (organo dell’udito) e dal labirinto posteriore (organo dell’equilibrio), due strutture unite anatomicamente ma funzionalmente distinte.
La coclea è fatta proprio come il guscio di una lumaca con la base rivolta verso l’orecchio medio e contiene al suo interno tre canali, distribuiti per tutta la sua lunghezza, detti rampa vestibolare, dotto cocleare e rampa timpanica. Le rampe vestibolare e timpanica contengono perilinfa, il dotto cocleare contiene endolinfa e ospita l’unità funzionale della percezione sonora, mentre i recettori cocleari sono chiamati organo del Corti.
I recettori situati alla base della coclea, in prossimità della finestra ovale, sono deputati alla ricezione dei toni acuti, mentre quelli all’apice registrano i toni gravi.
Quando un’onda sonora fa vibrare la membrana timpanica mette in movimento la catena degli ossicini e viene trasmessa alla coclea per mezzo dei movimenti della platina della staffa nella finestra ovale. Ogni affondo della platina genera un’onda nella perilinfa che percorre tutta la coclea dalla base all’apice e dall’apice alla base, provocando lo spostamento della membrana che oblitera la finestra rotonda verso la cassa del timpano, realizzando il così detto gioco delle finestre. L’onda che percorre la coclea stimola l’organo del Corti che trasforma l’energia meccanica in un impulso bioelettrico.
L’entità dei movimenti del timpano per la percezione sonora variano dall’angstrom per suoni al limite di soglia al micron per suoni molto forti (> o = 100db); in questo caso potrebbero comportare affondi eccessivi della platina e provocare danni ai delicatissimi recettori cocleari. Per evitare inconvenienti, è stato predisposto un ingegnoso sistema di difesa: i suoni molto forti, infatti, attivano dei riflessi che irrigidiscono la catena degli ossicini e disaccoppiano l’articolazione fra incudine e staffa, limitando i movimenti stapediali.
Attenzione: le oscillazioni extra uditive della membrana timpanica connesse alla compensazione dell’orecchio sono dell’ordine del millimetro, quindi, 10 milioni di volte più ampie di quelle uditive! Anche se di solito la compensazione avviene senza causare danni, ciò ci deve far riflettere sull’entità delle sollecitazioni a cui sottoponiamo l’orecchio ogni volta che compensiamo.
Se siete interessati a conoscere alcuni esercizi utili ad acquisire padronanza dei movimenti dei muscoli peritubarici, utilissimi per migliorare la capacità di compensare, è consigliabile la lettura del libro L’orecchio In Immersione.
Barotraumi dell’orecchio: dinamica e sintomatologia
Il presupposto per l’insorgenza di un barotrauma è che fra la cavità aerea, in questo caso la cassa del timpano, e i tessuti circostanti ci sia differenza di pressione.
Barotrauma dell’orecchio medio
La situazione che più frequentemente conduce a un barotrauma dell’orecchio è la ritardata compensazione in fase di discesa.
In questo caso la cassa del timpano si trova in depressione rispetto all’ambiente e la membrana timpanica è aspirata verso l’interno, così come le finestre ovale e rotonda. Il subacqueo avverte sintomi chiari e inequivocabili riguardo al fatto che la compensazione fino a quel momento non è stata efficace, e che derivano dallo stiramento del timpano, quali: oppressione auricolare, che rapidamente diviene dolore se la discesa non viene interrotta.
La mancata compensazione in discesa, nella maggior parte dei casi, danneggia la membrana timpanica e la cassa del timpano, provocando lesioni anche serie ma reversibili.
I segni del danno sono facilmente rilevabili esaminando l’orecchio all’otoscopia e sono stati descritti dal medico sommergibilista Wallece Teed, che ha proposto la classificazione in 5 gradi + 1 e porta il suo nome:
- 0° sintomi otologici lievi (senso di orecchio pieno) con timpano indenne;
- 1° lieve infiammazione del timpano limitata al manico del martello;
- 2° infiammazione estesa a tutta la membrana;
- 3° retrazione della membrana con soffusioni emorragiche;
- 4° versamento di muco e sangue nella cassa del timpano con livelli idroaerei;
- 5° perforazione della membrana timpanica.
Il dott. Teed, descrivendo il grado 0 del barotrauma auricolare notò che questa situazione era quella in cui più frequentemente era colpito l’orecchio interno con ipoacusia neurosensoriale e acufeni, danni gravi e potenzialmente non reversibili.
Come è possibile che siano proprio gli eventi traumatici più lievi a causare i danni più gravi?
Tedd non diede una risposta a questo interrogativo. Noi un’idea ce la siamo fatta.
Barotrauma dell’orecchio interno
Il danno barotraumatico dell’orecchio interno causa perdita di udito di tipo neurosensoriale e/o vertigine, a seconda che abbia coinvolto la coclea o il labirinto posteriore. In questo caso, il danno all’udito potrebbe essere non reversibile.
La forma più lieve di barotrauma dell’orecchio interno è la vertigine alternobarica (1), ovvero una vertigine che si presenta in immersione all’improvviso durante la risalita, dovuta alla stimolazione meccanica monolaterale del labirinto posteriore per effetto della ritardata compensazione.
Victor Goodhill, negli anni 70, formulò delle ipotesi,ancora attuali riguardo al danno barotraumatico dell’orecchio interno e al meccanismo che ad esso conduce.
Secondo Goodhill (2), il meccanismo del danno può essere di tipo esplosivo quando la pressione nella cassa del timpano è inferiore a quella dei fluidi labirintici o di tipo implosivo quando la pressione nella cassa del timpano è superiore a quella dei fluidi labirintici; il danno anatomico consiste nella rottura della finestra rotonda o del legamento anulare della staffa con genesi della temuta fistola perilinfatica (ovvero del passaggio della perilinfa nella cassa del timpano) o nella rottura delle membrane labirintiche cocleari.
Sempre secondo Goodhill, in immersione, il danno all’orecchio interno con modalità esplosiva potrebbe realizzarsi in fase di discesa, quando la cassa del timpano si trova in depressione rispetto ai tessuti circostanti, mentre viene forzata, senza successo, la manovra di Valsalva.
Noi non abbiamo mai osservato questo fenomeno.
Al Centro Iperbarico di Bologna ci occupiamo di barotrauma dell’orecchio interno da oltre 20 anni e abbiamo attentamente analizzato la sequenza degli eventi occorsi in immersione ai subacquei e agli apneisti studiati per ipoacusia neurosensoriale improvvisa barotraumatica riscontrando che il meccanismo del danno di gran lunga prevalente è quello di tipo implosivo.
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Il danno implosivo può realizzarsi con due distinte modalità.
Una, già ipotizzata da Goodhill, prevede che il danno venga provocato, sempre in fase di discesa, da una manovra di compensazione effettuata tardivamente, quando il gradiente pressorio fra ambiente e cassa del timpano è elevato e l’apertura della tuba causa una repentina espansione dell’aria nella cassa del timpano che traumatizza sia il timpano, sia l’orecchio interno attraverso le finestre rotonda e ovale.
Questo fenomeno si osserva piuttosto frequentemente.
Ma la sequenza di eventi che più spesso abbiamo osservato, certamente la più temibile, è quella del danno barotraumatico all’orecchio interno che si realizza in fase di risalita, quando la compensazione deve avvenire in maniera spontanea. In questa fase, l’aria presente nella cassa del timpano si espande per effetto della riduzione della pressione ambientale ed è spinta all’esterno, attraverso la tuba uditiva, da un gradiente pressorio favorevole.
In presenza di fenomeni congestizi, anche banali, la temporanea compromissione della fisiologica compliance tubarica può essere sufficiente ad ostacolare l’uscita dell’aria che, espandendosi, provoca una stimolazione implosiva dell’orecchio interno attraverso le finestre ovale e rotonda.
In questa fase il subacqueo non ha armi di difesa!
Anche se l’entità della stimolazione è minima, viene meno il gioco delle finestre, che si spostano all’unisono verso l’orecchio interno; il sistema timpano ossiculare non è in grado di difendere l’orecchio interno da affondi incontrollati della staffa. I delicatissimi recettori cocleari vengono danneggiati da fenomeni commotivi che creano micro emorragie e danni da ischemia riperfusione, simili a quelli provocati dai traumi acustici (3). Nei casi più gravi, è verosimile che si danneggino le membrane labirintiche, consentendo il mescolarsi di perilinfa ed endolinfa.
I soggetti colpiti da barotrauma dell’orecchio interno riferiscono sempre la stessa sequenza di eventi ovvero un’immersione pressoché normale, con qualche problema di compensazione all’inizio della discesa e in oltre la metà dei casi, vertigine alternobarica in risalita che compare come un fulmine a ciel sereno.
Nella stragrande maggioranza dei soggetti esaminati abbiamo rilevato:
- Modeste difficoltà di compensazione all’orecchio colpito che non hanno, però, impedito la discesa;
- Nessun dolore all’orecchio durante l’immersione;
- Assenza di segni otoscopici di sofferenza del timpano (Teed 0);
- Nessun rapporto con la manovra di Valsalva;
- Vertigine alternobarica in risalita in oltre il 50% dei casi;
- Assenza dei segni clinici indicativi di fistola perilinfatica (segno di Tullio e segno della fistola);
Riguardo a quest’ultimo punto è importante rilevare che nella nostra casistica la valutazione audiologica non ha mai posto in essere il sospetto che fosse presente una fistola perilinfatica al momento della valutazione, ancorché avvenuta in acuto nei giorni immediatamente successivi all’evento barotraumatico. Infatti, nessun evento avverso è comparso durante le sedute di terapia in camera iperbarica nelle fasi di variazione della pressione ambientale, come invece ci si sarebbe aspettato se fossimo stati in presenza di una fistola perilinfatica.
Ma cosa avverte il malcapitato subacqueo dopo l’uscita dall’acqua?
Dopo l’emersione, il sintomo caratteristico è il senso di orecchio pieno, che spesso viene erroneamente interpretato come presenza di acqua nel condotto uditivo esterno e ritarda la richiesta di assistenza medica. L’anomala persistenza di questa sintomatologia e l’evidenza che l’orecchio colpito sente meno dell’altro, portano l’infortunato ad andare, spesso tardivamente, dal medico che si trova di fronte ad un’emergenza otologica: la diagnosi di ipoacusia neurosensoriale improvvisa.
Nel prossimo articolo parleremo proprio della diagnosi di ipoacusia neurosensoriale improvvisa.
Dott. Ferruccio Di Donato
Laurea in Medicina e Chirurgia Università di Bologna
Specializzazione in Medicina del Nuoto e delle attività subacquee – istituto di fisiologia umana Università di Chieti
Ordine Dei Medici di Bologna N° 11812
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Riferimenti bibliografici
1. LUNDGREN CLAES E.G., M.D.
28 August 1965 – Alternobaric Vertigo-a Diving Hazard – Brit. med. J., 1965, 2, 511-513
2. Goodhill Victor
(1967) Laryngoscope 77, 1179
(1971) Laryngoscope 81, 1462
(1973) Annals of Otology, Rhinology and Laryngology 82, 547
3. Int J Clin Exp Pathol. 2013;6(3):375-84. Epub 2013 Feb 15. Relationship between changes in the cochlear blood flow and disorder of hearing function induced by blast injury in guinea pigs. Chen W1, Wang J, Chen J, Chen J, Chen Z.
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