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L’acufene, un disturbo dell’orecchio da non trascurare: cos’è, le cause e le terapie più frequenti

02/04/2021

Lo specialista Audiologo che accoglie un paziente con acufene ha spesso davanti a sé una persona che si è già districata tra numerose informazioni su internet, pareri di amici e parenti che hanno lo stesso problema e tanti esami strumentali esitati in un “nulla di fatto”. È difficile fare chiarezza, dipanare tutti i dubbi e soprattutto ridurre quei sentimenti di ansia e stress che frequentemente intaccano la qualità di vita di questi pazienti. 

Per intraprendere il giusto percorso diagnostico e terapeutico dobbiamo inquadrare bene il problema, della serie “conosci il tuo nemico”.

Che cos’è l’acufene?

L’acufene è la percezione soggettiva di un suono in assenza di una stimolazione acustica esterna. È un sintomo e non una malattia di per sé, ed è necessario pertanto comprendere quali meccanismi patologici lo sottendono. L’acufene rappresenta uno dei sintomi otologici più comuni e si associa spesso ad altri sintomi come la perdita di udito e l’iperacusia. 

Le ultime revisioni della letteratura rivelano che il 10,1% della popolazione adulta soffre di acufeni e la prevalenza aumenta con l’aumentare dell’età.

Classificare l’acufene può darci informazioni importanti, in particolare nella prime fasi.

L’acufene può essere soggettivo, quando è udito soltanto dal paziente ed è normalmente generato dalle strutture uditive, oppure oggettivo quando può essere udito anche dall’esterno e quindi obiettivabile. Quest’ultimo tipo di acufene è interessante poiché il soggetto riferisce il suono a livello dell’orecchio ma questo può essere generato in diverse parti del corpo (orecchio, collo, testa, strutture vascolari ecc.) e quindi sarà oltremodo importante l’esecuzione di un esame obiettivo approfondito, ed eventuali esami strumentali mirati, per individuarne l’origine.

L’acufene inoltre può essere bilaterale (solitamente nei casi di presbiacusia, esposizione cronica ai rumori, trattamenti farmacologici ototossici ecc.) oppure unilaterale (solitamente nei casi di ipoacusia improvvisa, trauma acustico omolaterale, infezioni dell’orecchio, idrope endolinfatica ecc.) 

Un’altra classificazione utile per la diagnosi differenziale dell’acufene riguarda il tipo di suono che può essere pulsatile o non-pulsatile. Il primo caso ha spesso origini vascolari, ipertensione endocranica o sistemica, malformazione atero-venose ecc. Il secondo caso, più frequente, è spesso correlato alla perdita di udito, all’esposizione a rumore o al neurinoma dell’acustico.

L’acufene può essere primario (ovvero idiopatico e associato o meno a perdita di udito) oppure secondario (associato ad una causa specifica sottostante).

Infine, l’acufene può essere classificato in base al tempo di persistenza in acuto, fino a tre mesi, subacuto, fino a sei mesi, e cronico oltre i sei mesi.

Sulla base di queste iniziali informazioni evidenziamo di seguito quali caratteristiche più di altre devono portare il paziente a contattare rapidamente lo Specialista:

  • Unilateralità,
  • Pulsatilità,
  • Esordio improvviso,
  • Perdita di udito associata,
  • Sintomi neurologici associati.

La visita audiologica deve prevedere un’attenta raccolta anamnestica della storia del paziente, un esame obiettivo approfondito di tutti i distretti che possono essere coinvolti e l’esecuzione di esami audiometrici mirati (audiometria tonale, impedenzometria, acufenometria ecc.) ed eventualmente la prescrizione di esami strumentali più approfonditi per una migliore definizione diagnostica (es. risonanza magnetica cerebrale).

 

 

Quali possono essere le cause dell’acufene?

La brutta notizia è le cause dell’acufene sono tantissime, quella bella è che la maggior parte sono benigne.

Riassumiamo le più comuni e potenzialmente reversibili:

  • Orecchio esterno: tappo di cerume, otite esterna
  • Orecchio medio: otite media, otosclerosi, colesteatoma
  • Orecchio interno: neurinoma dell’acustico, sindrome di Ménière, neuriti, farmaci ototossici
  • Cause extra-uditive: anomalie vascolari e/o cerebrali.

A questi dobbiamo aggiungere gli acufeni primari a cui abbiamo fatto riferimento precedentemente, ovvero non riferibili ad una causa specifica ed associati o meno a perdita di udito.

Da non sottovalutare sono anche i fattori di rischio per l’acufene, non solo la perdita di udito ma anche esposizione a rumore, fumo, mancanza di un buon ritmo sonno-veglia, stati depressivi, ipertensione, dislipidemia, apnee del sonno, disfunzioni dell’articolazione temporo-mandibolare. Un recente studio descrive bene come spesso l’acufene si manifesti tempo dopo la perdita di udito e questo spesso in concomitanza di altri eventi negativi che agiscono come dei “trigger” e innescano il sintomo.  È importante lavorare anche su questi aspetti per poter prevenire l’insorgenza dell’acufene.

 

Clicca qui sotto per approfondimenti sull’ossigenoterapia iperbarica e sulle patologie curabili

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Quali sono le terapie adottate per curare l’acufene?

Giungiamo quindi all’aspetto che più interessa i pazienti: le terapie per l’acufene.

Dobbiamo rifarci a quello che abbiamo descritto in precedenza.

Se ci troviamo di fronte ad un acufene secondario la terapia sarà specifica e mirata alla risoluzione della causa sottostante.

Se invece abbiamo a che fare con un acufene primario dobbiamo valutare innanzitutto l’associazione con la perdita di udito. 

Se è presente anche sordità e la sintomatologia è ad esordio improvviso la terapia è standardizzata secondo le linee guida del trattamento dell’ipoacusia improvvisa ed è caratterizzata da specifica terapia farmacologica e ossigenoterapia iperbarica (10 sedute poi controllo ed altre 10 sedute in caso di documentato miglioramento).

Negli altri casi di acufene primario possono essere prese in considerazione molteplici terapie; le più frequenti elencate di seguito.

  • L’ossigenoterapia iperbarica: efficace nella fase iniziale, quando il danno neurologico è recente e c’è una buona possibilità di recuperare il neuro-epitelio ancora vitale. Si consiglia infatti di intervenire con questa terapia, anche in assenza di perdita uditiva, entro tre-sei mesi dall’evento (acufene acuto-subacuto), oltre questo tempo le probabilità di successo diminuiscono perché il danno tende a stabilizzarsi.  Tuttavia, anche dopo sei mesi si può valutare l’opportunità di un tentativo terapeutico puntando sull’effetto che l’ossigenoterapia iperbarica ha sul danno ossidativo, uno dei fattori più importanti di disfunzione cocleare. 
  • Integratori alimentari: con proprietà antiossidanti utili per favorire la corretta funzionalità del microcircolo.
  • La terapia del suono: si basa sull’arricchimento sonoro e permette di rimodulare centralmente la percezione dell’acufene attraverso l’utilizzo di protesi acustiche o generatori di suono programmati in base alle caratteristiche del paziente.
  • Terapie psico-farmacologiche e/o psicologiche: riducono la reattività nei confronti dell’acufene, in particolare quando questo interferisce con il ritmo sonno-veglia o è associato a sindromi ansioso-depressive.

È fondamentale in questi casi effettuare un approfondito counseling con il paziente per adattare al meglio la strategia terapeutica.

Concludendo, possiamo dire che l’acufene mette spesso a dura prova medici e pazienti ma con tempestività e accuratezza è possibile intraprendere il giusto percorso diagnostico e terapeutico-riabilitativo.

 

Dott.ssa Lisa Gamberini

Laurea in Medicina e Chirurgia, Università di Bologna

Ordine dei Medici Chirurghi di Bologna N° 17290

 

 

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