L’acufene è un problema molto diffuso nella popolazione generale che influisce negativamente sulla qualità della vita di chi ne soffre, generando stress, ansia e disturbi del sonno. Capiamo meglio, in questo articolo scritto dal Dott. Di Donato, cos’è l’acufene, quali sono le cause e come si può curare.
Di cosa parleremo?
Cos’è l’acufene
Tipologie di acufene
Fattori di rischio
Cause dell’acufene
Visite ed esami per la diagnosi
Le terapie dell’acufene
Cos’è l’acufene
L’acufene è un sintomo e può essere definito come una allucinazione uditiva per la quale una persona sente un suono, continuo o intermittente, in assenza di una fonte sonora in grado di produrlo e può essere percepito come un fischio o un ronzio, proveniente dall’interno o dall’esterno dell’orecchio.
Tipicamente il rumore aumenta con il silenzio, diventando particolarmente fastidioso durante la notte rendendo difficoltoso l’addormentamento e causando, pertanto, stanchezza durante il giorno. Nei casi più gravi, l’acufene può essere sentito distintamente anche durante le attività quotidiane, generando disagio, difficoltà a concentrarsi, stress e ansia.
Tipologie di acufene
L’acufene può essere:
- soggettivo, quando è udito soltanto dal paziente ed è normalmente generato dalle strutture uditive
- oggettivo quando può essere udito anche dall’esterno e quindi obiettivabile. Quest’ultimo tipo di acufene è interessante poiché il soggetto riferisce il suono a livello dell’orecchio ma questo può essere generato in diverse parti del corpo (orecchio, collo, testa, strutture vascolari ecc.) e quindi sarà oltremodo importante l’esecuzione di un esame obiettivo approfondito, ed eventuali esami strumentali mirati, per individuarne l’origine.
L’acufene inoltre può essere:
- bilaterale (solitamente nei casi di presbiacusia, esposizione cronica ai rumori, trattamenti farmacologici ototossici ecc.)
- unilaterale (solitamente nei casi di ipoacusia improvvisa, trauma acustico omolaterale, infezioni dell’orecchio, idrope endolinfatica ecc.)
Un’altra classificazione utile per la diagnosi differenziale dell’acufene riguarda il tipo di suono che può essere pulsatile o non-pulsatile. Il primo caso ha spesso origini vascolari, ipertensione endocranica o sistemica, malformazione atero-venose ecc. Il secondo caso, più frequente, è spesso correlato alla perdita di udito, all’esposizione a rumore o al neurinoma dell’acustico.
L’acufene può essere primario (ovvero idiopatico e associato o meno a perdita di udito) oppure secondario (associato ad una causa specifica sottostante).
Infine, l’acufene può essere classificato in base al tempo di persistenza in:
- acuto, fino a tre mesi,
- subacuto, fino a sei mesi,
- cronico oltre i sei mesi.
Sulla base di queste iniziali informazioni evidenziamo di seguito quali caratteristiche più di altre devono portare il paziente a contattare rapidamente lo Specialista:
- Unilateralità,
- Pulsatilità,
- Esordio improvviso,
- Perdita di udito associata,
- Sintomi neurologici associati.
La visita audiologica deve prevedere un’attenta raccolta anamnestica della storia del paziente, un esame obiettivo approfondito di tutti i distretti che possono essere coinvolti e l’esecuzione di esami audiometrici mirati (audiometria tonale, impedenzometria, acufenometria ecc.) ed eventualmente la prescrizione di esami strumentali più approfonditi per una migliore definizione diagnostica (es. risonanza magnetica cerebrale).
Fattori di rischio
I fattori di rischio per l’acufene non sono solo legati alla perdita di udito, ma anche a: esposizione a rumore, fumo, mancanza di un buon ritmo sonno-veglia, stati depressivi, ipertensione, dislipidemia, apnee del sonno, disfunzioni dell’articolazione temporo-mandibolare.
Un recente studio descrive bene come spesso l’acufene si manifesti tempo dopo la perdita di udito e questo spesso in concomitanza di altri eventi negativi che agiscono come dei “trigger” e innescano il sintomo. È importante lavorare anche su questi aspetti per poter prevenire l’insorgenza dell’acufene.
Cause dell’acufene
Nella maggior parte dei casi, la causa scatenante di un acufene non viene riconosciuta. In analogia a quanto accade per l’ipoacusia improvvisa, è ragionevole ritenere che tale causa debba essere ricercata in un danno alla coclea, ovvero alla parte neurologica dell’orecchio, quella deputata a trasformare le onde sonore in impulsi bio-elettrici, che raggiungono il cervello tramite il nervo acustico e vengono decodificati come suoni o rumori.
I danni cocleari che causano gli acufeni possono derivare da numerose condizioni patologiche, come
- problemi micro vascolari,
- infezioni sistemiche,
- idrope endolinfatico,
- tumori benigni dell’ottavo nervo cranico (neurinoma dell’acustico)
- esposizione a forti rumori
- esposizione a brusche variazioni della pressione ambiente
Ciò nonostante, nella maggior parte dei casi non è possibile individuare la causa scatenante dell’acufene. Recenti studi documentano come la sindrome metabolica sia frequentemente associata all’insorgenza della ipoacusia improvvisa e degli acufeni.
Non sempre l’acufene ha origine cocleare; esiste, infatti, la possibilità che un acufene derivi da banali problemi della parte meccanica dell’orecchio come un tappo di cerume, un’otite media o esterna. In questi casi, eliminando la causa se ne andrà anche l’acufene. Di seguito faremo riferimento solo agli acufeni ad origine cocleare.
Nel prossimo paragrafo parleremo di visite ed esami per la diagnosi degli acufeni.
Visite ed esami per la diagnosi e l’inquadramento degli acufeni
L’insorgenza di un acufene richiede sempre una tempestiva e accurata valutazione da parte di un otorinolaringoiatra o di un audiologo perché una diagnosi tempestiva è essenziale per adottare una terapia efficace, evitando la cronicizzazione del sintomo.
La diagnosi precoce e il trattamento tempestivo sono l’arma più efficace per trattare l’acufene e migliorare la qualità di vita di chi ne soffre.
I punti cardine per l’inquadramento diagnostico di un acufene sono:
- un’attenta anamnesi;
- l’otoscopia;
- l’esame impenzometrico (o timpanogramma);
- L’esame audiometrico con acufenometria;
- La Risonanza magnetica dell’angolo ponto cerebellare.
L’anamnesi dovrà valutare la presenza di cause potenzialmente scatenanti come i traumi acustici per esposizione a forti rumori o barotraumi conseguenti a immersioni subacquee o volo aereo, oppure la presenza recente di malattie infettive come influenza, raffreddore o infezione da covid 19. Sarà, inoltre, indicato verificare i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue, la glicemia, l’abitudine al fumo e la pressione arteriosa, poiché tutti questi fattori, quando alterati, sono causa di una particolare condizione detta sindrome metabolica che si associa a disfunzione endoteliale e favorisce l’insorgenza dell’ipoacusia improvvisa e degli acufeni.
L’otoscopia consiste nella ispezione del condotto uditivo esterno e della membrana timpanica con l’otoscopio e permette di individuare molte possibili cause rimuovibili degli acufeni come, tappi di cerume, otiti esterne e le otiti medie.
L’esame impedenzometrico fornisce informazioni riguardo alla ventilazione dell’orecchio medio ed è complementare all’otoscopia al fine di individuare le patologie dell’orecchio medio.
In caso di normalità del reperto otoscopico, l’origine dell’acufene sarà da ricercare a livello della coclea, ovvero nella parte neurologica dell’orecchio. In questi casi scatta un criterio d’urgenza, in quanto l’acufene potrebbe essere un sintomo non reversibile ed essere associato a perdita improvvisa dell’udito (ipoacusia improvvisa) e la tempestività delle terapie diviene essenziale. Sarà, quindi, l’esame audiometrico tonale a permettere di completare la diagnosi valutando la funzione uditiva, accertando o escludendo, la concomitante presenza di ipoacusia.
Arrivato a questo punto dell’iter diagnostico, il Medico Audiologo avrà già tutti gli elementi per formulare una diagnosi iniziale e impostare la strategia terapeutica più efficace.
La Risonanza magnetica dell’angolo ponto cerebellare sarà necessaria per escludere la presenza del neurinoma dell’acustico e dovrà essere effettuata, senza urgenza, e soprattutto, senza ritardare l’inizio della terapia.
Nel prossimo paragrafo parleremo delle terapie per curare l’acufene.
Le terapie dell’acufene
Esistono due diversi approcci per il trattamento dell’acufene, uno sintomatico e uno eziologico.
Trattamenti sintomatici: indicati per gli acufeni cronici
I trattamenti sintomatici sono per lo più rivolti a far meglio sopportare il fastidio derivato da questa patologia, senza interferire sulla causa che lo ha generata e che la sostiene e sono indicati per il trattamento degli acufeni cronici, per i quali è assai poco probabile prevedere la risoluzione completa del sintomo.
I più comuni trattamenti sintomatici dell’acufene sono:
- Terapia uditiva: questo approccio utilizza dispositivi acustici per coprire o mascherare il rumore dell’acufene.
- Terapia comportamentale: questo approccio utilizza tecniche come la meditazione o l’ipnosi per aiutare a gestire lo stress e l’ansia associate all’acufene.
- Terapia farmacologica: questo approccio utilizza farmaci per ridurre il disagio causato dall’acufene, come gli ansiolitici, gli antistaminici, gli antidepressivi e alcuni anticonvulsivanti. Queste terapie non sono scevre da effetti collaterali, non gravi ma fastidiosi, come l’eccessiva sedazione e la sonnolenza.
Trattamenti eziologici: indicati entro alcuni mesi dall’insorgenza dell’acufene
I trattamenti eziologici sono rivolti alla rimozione della causa dell’acufene e alla risoluzione del sintomo e sono indicati in fase acuta e sub acuta, ovvero entro alcuni mesi dall’insorgenza.
I trattamenti eziologici hanno la finalità di agire sulla causa che ha determinato e che sostiene l’acufene, riparare il danno alla coclea e risolvere o attenuare il sintomo. Tali trattamenti devono essere attuati molto precocemente rispetto al momento dell’insorgenza, dell’acufene per avere la possibilità di essere efficaci.
I principali trattamenti eziologici sono l’Ossigenoterapia iperbarica e il cortisone sistemico.
Il successo del trattamento con ossigenoterapia iperbarica dipende dalla gravità dei sintomi e dalla storia clinica del paziente ma il più importante fattore prognostico è la precocità dell’intervento che, per un approccio terapeutico che abbia le massime chances di efficacia, dovrebbe essere iniziato entro 14 giorni dall’insorgenza dell’acufene, continuando ad avere discrete possibilità di successo fino a 3 mesi.
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