Displasia midollare e osteonecrosi alla testa del femore, il fratello di Angela potrà stare meglio?
Gentile dott.ssa Morelli,
Le scrivo in merito a mio fratello che dopo aver sofferto di displasia midollare una volta uscito dall’ospedale ha cominciato ad avvertire intensi dolori al ginocchio e serie difficoltà di deambulazione. Il referto della RMN al bacino recita: “a carico dell’anca sinistra presenza di marcato versamento endo-articolare con usura della cartilagine articolare, sofferenza osteocondrale del pavimento acetabolare; modesti segni di algo-neuro-distrofia a carico del collo femorale”.
Gli sono stati prescritti fiale intramuscolari di Clody, compresse Nevridol, flaconi di Dibase. Inoltre carico parziale con bastoni canadesi di max 15 KG e mobilizzazione attiva e passiva dell’arto sinistro con esercizi di tonificazione muscolare.
I medici ipotizzano una osteonecrosi. Mi chiedo se la terapia iperbarica possa nel suo caso apportare giovamento, anche perché a causa del dolore non riesce a muovere l’arto sinistro, come invece gli viene consigliato di fare, dal momento che dopo due mesi e mezzo di degenza in ospedale ha perso tono muscolare.
Attendo una Sua cortese risposta.
Angela
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Risponde la dott.ssa Alessandra Morelli
Laurea in Medicina e Chirurgia Università di Bologna
Specializzazione in Chirurgia Generale Università di Bologna
Ordine Dei Medici di Bologna N° 15985
Gentile Angela,
grazie per la fiducia che ci dimostra raccontandoci la situazione di suo fratello.
La lunga degenza di cui lei ci parla dimostra che la situazione clinica di suo fratello è piuttosto complessa. È proprio in questi casi che l’equipe del Centro Iperbarico si sente chiamata in causa per dare un aiuto.
Premetto che occorrerebbe un attento esame del paziente e degli esami finora svolti, per un appropriato parere medico, inoltre potrebbe aver senso conoscere a quali terapie suo fratello sia stato sottoposto o tuttora si stia sottoponendo.
Per un inquadramento clinico attendibile di questa situazione, poi, sarebbe necessario visionare le immagini della risonanza magnetica oltre che leggerne il referto.
Comunque, dal suo intervento emergono alcuni punti per cui, a mio avviso, la problematica dell’anca si potrebbe affrontare con ragionevole ottimismo grazie all’ossigenoterapia iperbarica.
Alla base, leggendo il passaggio del referto di risonanza che lei riporta, sembra esserci un aspetto degenerativo della cartilagine che riveste le componenti articolari (acetabolo + testa del femore). Si potrebbe trattare di un principio di artrosi, condizione molto frequente dopo una certa età. Questa alterazione anatomica può aver portato alla sofferenza vascolare dell’osso sottostante ed al versamento endoarticolare documentati dall’esame.
In particolare, testa e collo del femore iniziano a manifestare la cosiddetta sindrome algodistrofica. Si tratta di un aumento, in quelle sedi, dell’afflusso di sangue e di una raccolta di liquido nella parte più interna dell’osso (“edema di spongiosa”). Questo può avvenire in risposta ad uno “schiacciamento” dei piccoli vasi sanguigni presenti sulla parte ossea della superficie articolare, che si ritrova quindi sprovvista di ossigeno e ne soffre.
Il conseguente relativo aumento di pressione all’interno del femore, insieme ad altre cause, può dare luogo ad un dolore severo, che si può presentare anche all’altezza del ginocchio piuttosto che all’anca (in linguaggio medico, dolore “riferito”).
Una sindrome algodistrofica, quando a carico della testa del femore e al persistere delle alterazioni vascolari che l’hanno provocata, può evolvere in osteonecrosi.
Non mi è chiaro, a questo punto, se i medici che seguono suo fratello abbiano riscontrato qualche nuovo segno radiologico in tal senso ad esami successivi alla risonanza o, più semplicemente, temano che la possibilità di osteonecrosi si verifichi.
Mi ripeterò qui, dicendo che è anche molto importante vedere le immagini per interpretare correttamente il referto.
La terapia iperbarica, insieme ai correttissimi trattamenti e consigli che sinora sono stati proposti a suo fratello, è la strategia più moderna per affrontare il problema, sempre che esso non sia in una fase particolarmente avanzata.
L’osteonecrosi asettica, infatti, è considerata un’indicazione appropriata nei recenti protocolli nazionali per il trattamento iperbarico, così come le sindromi algodistrofiche.
Nella maggior parte dei casi, i pazienti traggono beneficio dalla terapia ed uno dei primi effetti che notano è la diminuzione del dolore, con recupero della motilità dell’articolazione interessata.
L’obiettivo vero e proprio del trattamento, in un caso come quello di cui stiamo parlando e qualora sia confermato ad oggi il referto che lei cita, è di ottenere il rientro dei segni radiologici e dei sintomi di algodistrofia e l’arresto di una potenziale evoluzione in osteonecrosi.
Purtroppo, non è possibile far regredire i fatti cronico-degenerativi che la risonanza vede a carico della cartilagine. Ciò che si può chiedere alla terapia iperbarica è che un’eventuale artrosi già presente non si complichi a causa dell’osteonecrosi, che potrebbe essere motivo di intervento di artroprotesi d’anca.
L’effetto anti-infiammatorio dell’ossigeno iperbarico, poi, potrebbe contribuire a ridurre l’entità del versamento endo-articolare.
Se non è già stato fatto, consiglierei di approfondire con un RX bacino. Ciò consente di escludere che sia sopraggiunto un danno strutturale a carico della testa del femore, il che orienterebbe per altre scelte terapeutiche. La risonanza magnetica, pur indispensabile alla diagnosi, è un esame meno adatto a dare questo tipo di informazione, rispetto alla radiografia tradizionale.
I miei colleghi ed io siamo a disposizione per una visita approfondita presso il Centro Iperbarico di Bologna, ci potete contattare al numero 051/6061240 e auguriamo a suo fratello di stare meglio quanto prima.
Un caro saluto ad entrambi,
dott.Alessandra Morelli
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